Modifica Statutaria di Radicali Italiani – Art. 10 “La Direzione” comma 2: la reticenza radicale nei confronti dei dogmi della prassi

Con lo scopo di praticare, concretamente, quella annunciata svolta costituente all’interno del Movimento, anche ripensando la democrazia interna dello stesso, abbiamo proposto la modifica della Direzione dal prossimo Congresso, di fronte a uno Statuto che risente ancora di influenze e prassi radicali del passato che necessitano di essere declinate al futuro.

Dopo l’approvazione della modifica statutaria all’Art. 10 comma 2, relativo alla struttura della Direzione, in questi giorni ho avuto modo di approfondire ulteriormente l’argomento della stessa rispetto alla sua forma del passato e sulle parole utilizzate in merito, sia durante la stessa Direzione serale del Congresso che durante il dibattito sulla modifica effettuato in Congresso. Ne emerge a mio avviso il fatto che si abbia una percezione distorta di quello che sia stato rappresentato dalla Direzione nel corso della storia radicale, ignorando la pesante trasformazione che ha spontaneamente subito nell’ultimo decennio. Dalla mia ricerca emerge infatti che la Direzione rappresentasse un eterogeneo insieme di voci piuttosto che – come invece è stato definito – un “organo fiduciario”. Direi invece che le Direzioni del passato, nonostante in parte nominate, avessero al suo interno una pluralità e una discordanza di idee rispetto a quelle della Segreteria del momento, tanto che, a proposito di quello che è stata la Direzione, è utile ripescare un mantra di Radio Radicale: in una voce tutte le voci.

Prendiamo ad esempio la Direzione relativa all’anno politico 2010-2011 (ma potremmo prenderne una qualunque anche di annate precedenti): figuravano in Direzione 14 nominati e 33/35 invitati provenienti da tutte le organizzazioni afferenti alla vecchia “galassia radicale”. Inutile dire che, scorrendo i nomi, più che di organo “fiduciario” si delinea invece il profilo di un organo di possibile confronto/scontro. Non potendo “restaurare” quella situazione a causa della sopravvenuta contingenza, è stato necessario riportare all’interno della Direzione una pluralità di voci che aiutino le cariche elette in un’efficace conduzione dello stesso Movimento, modificando la struttura ed evitando che si formi una bolla autoreferenziale di idee che rischiano di sfociare nell’autocompiacimento. Resta tra l’altro invariata l’opportunità di nominare un vero “organo fiduciario”, normato dal nostro Statuto, ovvero la Giunta che, tra l’altro, ha la facoltà di partecipare alla Direzione.

L’Articolo modificato relativo alla Direzione: “È composta dal Presidente del Movimento, dal Segretario, dal Tesoriere e da dodici iscritti eletti tra i membri del Comitato sulla base di candidature individuali, all’inizio del primo Comitato svoltosi dopo il Congresso. Al raggiungimento di otto persone dello stesso genere, eventuali eletti dello stesso genere saranno scartati in favore dei primi membri eletti dell’altro genere, in modo da garantire complessivamente una percentuale di ciascun genere non inferiore al 30%.”

Giusti (+E Prato): ”Scene di ieri al Creaf agghiaccianti. Biffoni e Giani? Meno propaganda e più responsabilità”

La Toscana diventa rossa e, da qualche giorno, il governatore Giani è finito al centro delle polemiche. La situazione è sfuggita di mano?

“Ormai da un anno a questa parte ci siamo accorti che la situazione sfugge di mano ogni qual volta si pensa di essersi lasciati alle spalle il momento peggiore. Ma questo non è colpa di Giani o di altri, ma è una peculiarità di questa epidemia… la colpa della politica va semmai individuata nel non essere stata capace di semplificare le procedure, di non aver permesso un efficace tracciamento dei contagi, di non aver messo in atto gli strumenti necessari per consentire alle forze dell’ordine adeguati controlli sul territorio. I cittadini vivono invece in un limbo dove questa zona rossa è soltanto un lontano ricordo del lockdown dello scorso anno, in quanto ormai si deve fare i conti con l’esasperazione di tutte le fasce d’età che son sempre più intolleranti alle restrizioni… difficile biasimarsi.”

Le scene di ieri al Centro Pegaso di Prato, dove quasi 300 persone considerate “fragili” si sono accalcate fuori dall’ingresso in attesa della vaccinazione, dimostrano una grande disorganizzazione. Di chi sono le responsabilità?

“Quelle sono veramente scene agghiaccianti che in una situazione del genere, dove Prato è diventata la maglia nera dopo Firenze dei contagi toscani con ben 295 positivi, lascia senza parola alcuna: ASL, Regione Toscana e Comune di Prato dovrebbero interrogarsi sul rischio sociale che questa gestione può causare. L’Ex-CREAF, adesso Centro Pegaso, che è stato sbandierato da questa amministrazione come un innovativo polo Covid19 per la Toscana, dove erano previsti la bellezza di 500 posti per i giornali, 400 per la Giunta, poi ridimensionati a 190… infine a una decina di giorni fa risultavano disponibili nemmeno 50 posti: diciamo che se non altro, fuori da ogni polemica, in questo momento alla politica si dovrebbe richiedere responsabilità ancora maggiori nel soppesare le proprie parole, lasciando sotto il tappeto qualsiasi tentazione propagandistica.”

La Toscana è la regione italiana all’ultimo posto per la vaccinazione degli over 80. Al contrario, sono state privilegiate intere categorie professionali. In molti hanno storto il naso per questo.

“Da inizio pandemia l’ISS afferma che, in tutta Italia, sono morte per il virus, 254 persone con meno di quarantanni: lo 0,2%. A fronte di 105.000 decessi all’1 marzo, di questi, solo 1.055 avevano meno di cinquant’anni: l’1% circa. Ergo, ogni vaccino somministrato a qualcuno con meno di cinquanta anni, senza patologie che ne mettono a rischio la guarigione, e che non lavori in prima linea, è un vaccino tolto a chi rischia di morire davvero. Compito della politica, in questo caso, sarebbe dovuto essere quello di mantenere il polso fermo nelle decisioni e privilegiare coloro che, statisticamente, sono più a rischio.”

Prato è entrata in zona rossa due settimane fa ma i numeri continuano a salire, il nostro ospedale è di nuovo saturo e siamo anche l’ultima provincia in Toscana per % di vaccinati in relazione alla popolazione. Non c’è proprio da essere contenti.

“Non c’è assolutamente da essere contenti, naturalmente il nostro territorio ha anche peculiarità, come quello dell’alta densità di popolazione, che certamente non ci favoriscono nel contenimento dell’epidemia. L’unico modo per aiutare i cittadini è quello di dare informazioni chiare e precise sull’andamento della situazione, sull’accesso allo screening, sulla prevenzione e sulla gestione di sé stessi in caso di sintomi o di positività… nell’attesa della salvifica dose vaccinale. Da questo punto di vista mi sarei aspettato dal Sindaco Biffoni un approccio un po’ meno colloquiale e volutamente gergale nella comunicazione: sembra quasi che oggi ci sia paura nel mantenere un profilo istituzionale anche nei contesti adeguati: i cittadini vanno considerati adulti, vogliono risposte chiare e precise e non sentirsi in un film di Pieraccioni… per quello in questi mesi sono bastate le overdose di servizi di streaming.”

Quello che fino a qualche tempo fa (il sistema sanitario toscano, ndr) veniva presentato come un modello virtuoso, adesso sta mostrando tutti i suoi limiti. 

“Come italiani ci raccontiamo da decenni di avere uno dei migliori sistemi sanitari del mondo, così abbiamo fatto da lombardi, da veneti e da toscani elogiando il nostro campanilismo: l’impatto con la realtà è stato invece molto più duro. Speriamo che da questo dramma possa rinascere una profonda riflessione su un settore che per decenni è stato vittima di tagli indiscriminati e di poca innovazione. Nel Next Generation esiste un ricco capitolo proprio dedicato alla Sanità, declinandola in temi come le reti di prossimità, le strutture e la telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale; e ancora innovazione, ricerca e digitalizzazione del servizio sanitario nazionale. Speriamo che la politica tutta sappia cogliere questa grande occasione.”

Sab, 16-01-2021

“…Perché la vita è uno slancio,
che bisogna fare finta di crederci…”

Il sintomo più grande del proprio disagio è l’ostentazione palesemente falsa della felicità e la cura dei particolari che tale commedia contraddistinguono. Chi ha investito molto in una relazione, anche contro i consigli delle persone amiche, con grande fatica riuscirà ad ammettere il proprio fallimento. Ne consegue che una della soluzioni migliori – con la compiacenza del partner anch’egli spesso in condizioni analoghe – risulta quella di fingere di essere felici. E alla fine, il pubblico, quasi sempre altrettanto infelice, preferisce credere a una felicità posticcia che al nichilismo di fondo della società occidentale.

Ven, 15-01-2021

“…Ma è ancora un’età, la mia,
che s’aspetta dagli altri
quello che è in noi oppure non esiste…”

Si arriva ad un’età in cui non si riesce più a fare psicoterapia gratuita a chi ha un’insopprimibile voglia di parlare di sé stesso e risulta completamente insensibile a percepire la nostra dolorosa noia. Ancora peggio se non si sfrutta l’ausilio di sostanze psicotrope. Ne risulta, nell’altro, un disgustoso esempio di egoismo, amplificato se siamo così garbati da non inventare una scusa per interrompere la conversazione e andare a farsi i cazzi propri.

Una pace separata

“…I was going to forget the war.
I had made a separate peace…”

La potenza di Hemingway in questo breve estratto di “Addio alle Armi” mi ha sempre lasciato a bocca aperta. Ti sbatte in faccia l’inaccessibilità dell’essere umano a una Pace Universale, assoluta… che pretenderebbe le maiuscole. Ma indica egualmente una possibile via di fuga… una pace separata… un angolo privato in cui ognuno si ritaglia la propria di pace. Una pace meno pretenziosa, meno integralista, ma con un valore umano sterminato rispetto alla guerra (ognuno scelga la propria), che dona un gusto romantico anche a quello che all’epoca poteva essere considerato un atto gravissimo di codardia contro la propria Patria: la diserzione.
Au revoir Monsieur Hemingway.

Quale potenza dominerà il mondo?

La Vittoria di Samotracia al Louvre

Sarà la Tecnica a dominare il mondo, ma questo l’abbiamo già detto. Ma nel frattempo, in tutta la fase che precede questa inevitabile dominazione, chi sarà a pre-dominare il mondo, quale sarà la sfera d’influenza attraverso con cui tutti gli stati dovranno confrontarsi? Gli Stati Uniti d’America, l’Europa, la Cina o la Russia? Quanto influirà il Covid-19 su questa competizione? Naturalmente a questi quesiti non esiste una risposta univoca ma si possono fare diverse congetture in merito che possono costruire alcuni possibili scenari. E un augurio. Ma prima di tutto serve un’analisi delle situazioni di partenza e una successiva attualizzazione epidemica delle stesse. 

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La Politica al servizio della Tecnica

Giorgio De Chirico – Muse metafisiche (particolare)

In questi tempi comunque – aldilà della tragicità degli eventi – di estremo interesse, possiamo ascoltare, tra politici e commentatori, chi non smette di elencare gli elementi fortemente negativi di questa crisi e gli altri che sottolineano le intrinseche possibilità che si potrebbero aprire. Anche nella giornata di ieri non sono mancate le citazioni del nostro premier Conte, a sproposito, sulla differenza tra la negatività della doxa (opinione) e la bontà dell’episteme (sapere certo e incontrovertibile). Come abbiamo potuto assistere alle insussistenti analisi e deboli risposte di un filosofo del calibro di Massimo Cacciari sul fatto che il Covid19 sarà “un incredibile acceleratore del cambiamento”.

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La necessità di uno sguardo radicale a Prato

Quanto serve oggi uno sguardo radicale? Quanto serve oggi uno sguardo radicale a livello locale? Queste sono domande quotidiane per chi come me in questa visione del mondo – da sempre minoritaria – si riconosce. Visione magari povera di mezzi e povera di voti… ma altrettanto ricca di idee e di lotte: liberali, libertarie, federaliste, antiproibizioniste, laiche, nonviolente e transpartitiche. E ogni giorno che passa non riesco a darmi risposta diversa dal “sì, servono”… con quella forza che non ha un qualcosa di auspicabile ma soltanto un qualcosa di estremamente necessario.

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Solo tornare al metodo radicale può salvare i radicali

L’identità radicale rischia di strapparsi a furia di essere tirata da destra, da sinistra, dall’alto e dal basso. Ma chi se ne fotte dell’identità radicale, dell’appartenenza radicale, della simbologia radicale? Tanti, troppi. 

Essere radicali dovrebbe rappresentare un metodo di approccio alla politica (forse alla vita?) che può essere evidenziato solo da una serie non esaustiva di aggettivi primari e secondari. Quelli primari fanno parte del codice genetico del metodo e – a mio avviso – potrebbero essere individuati in: laico, liberale, libertario, nonviolento, transpartitico. Gli aggettivi secondari, altrettanto importanti, non devono essere assunti come dogmi ideologici ma certamente contribuiscono alla caratterizzazione della lotta: liberista, federalista, socialista (?).

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Per opporre Certi Diritti a incerti diritti… e/o presunti doveri

Beh… i giorni successivi alla fine del XII Congresso Certi Diritti, Milano, 23-25 novembre 2018 non si può che sentire una certa sensazione di compiacimento… anche se meramente intellettuale e non sessuale. Tanti contenuti e tante proposte – che hanno a che fare con l’intimo di ognuno – si sono alternati nel corso degli interventi e dei panel.

In questa contemporaneità difficile, dove tante sono le correnti retrograde, esce da questo Congresso di Certi Diritti un gruppo dirigente militante e anarchico che dovrà governare la nave nei prossimi dodici mesi. Persone che hanno dimostrato sul campo i loro metodi e i loro meriti da militanti tout court. Questa dirigenza avrà l’arduo compito (che credo si trasformerà in un grande merito) di rilanciare le battaglie dell’Associazione al futuro.

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