Il ricordo come delirio

La memoria è persistente e dolorosa, tenera e subdola. La memoria è quanto resta a noi – e di noi – di quello che non appare più (che secondo molti coincide col non essere più). Questo fa di lei veramente l’unico nostro possesso in un mondo di cui niente ci è dato di possedere. Ma quanto della memoria, quanto di questo nostro unico possesso, al quale affidiamo tutta la nostra vita, è attinente al Vero? Assolutamente nulla.
Ogni biografia (come ogni memoria) è la rappresentazione di ciò che non è stato mai. Niente di quanto ricordiamo corrisponde alla fotografia dell’attimo… niente. Nonostante nella nostra testa alberghino dei ricordi molto nitidi, restano pur sempre dei ricordi… dei disegni quindi, che per quanto ben fatti non sono mai paragonabili alla fedeltà di una fotografia realistica.
In virtù di questo la memoria, proprio come la storia (Nietzsche docet), ha quindi, allo stesso tempo, utilità e danno. Essa ci concede l’esperienza nell’affrontare la nostra quotidianità, ma allo stesso tempo può farsi pericoloso vincolo alla nostra crescita e alla nostra sperimentazione. Troppo spesso gli errori e i dolori del passato ci impediscono, da una parte di sbagliare ancora, ma dall’altra ci precludono la possibilità di ritentare, magari questa volta vincendo. Sarebbe dunque folle dare troppa fiducia a qualcosa che non è stato mai.
Quindi chi ricorda delira (senza saperlo) e non si stanca di scegliere, tra il delirio e il nulla, ancora una volta, il delirio…