Solo tornare al metodo radicale può salvare i radicali

L’identità radicale rischia di strapparsi a furia di essere tirata da destra, da sinistra, dall’alto e dal basso. Ma chi se ne fotte dell’identità radicale, dell’appartenenza radicale, della simbologia radicale? Tanti, troppi. 

Essere radicali dovrebbe rappresentare un metodo di approccio alla politica (forse alla vita?) che può essere evidenziato solo da una serie non esaustiva di aggettivi primari e secondari. Quelli primari fanno parte del codice genetico del metodo e – a mio avviso – potrebbero essere individuati in: laico, liberale, libertario, nonviolento, transpartitico. Gli aggettivi secondari, altrettanto importanti, non devono essere assunti come dogmi ideologici ma certamente contribuiscono alla caratterizzazione della lotta: liberista, federalista, socialista (?).

Analizziamo gli aggettivi primari: laico = quindi aconfessionale nel senso più estensivo possibile, svincolato quindi da dogmi e ideologie di qualsiasi matrice, siano esse religiose, corporativistiche, settarie, partitocratiche e/o comunitarie; liberale e libertario = pertanto che si pone come obiettivo la tutela delle libertà o diritti dei cittadini, fautore di una libertà assoluta – dove l’unico limite risulta la libertà altrui – quindi anche antiproibizionista; nonviolento = dunque che rifiuta il ricorso a qualsiasi forma di violenza, fisica o psicologica, nel condurre le proprie lotte; transpartitico = ovvero che coinvolge o attraversa più soggetti, prescindendo dalle rispettive peculiarità ideologiche, ma cercando solo ed esclusivamente convergenze sulle singole lotte.

Analizziamo gli aggettivi secondari: liberista = quindi che promuove la libera iniziativa e il libero mercato come forza motrice del sistema economico; federalista = pertanto fautore dell’unione federale (Stati Uniti di…) fra stati diversi aventi tradizioni e interessi politici ed economici comuni; socialista = dunque in lotta contro la povertà e non contro la ricchezza, col fine di controbilanciare con opportune garanzie nei confronti dei cittadini il processo di transizione da una società assistenzialista a una società liberale.

Il sopra delineato – per aggettivi – “metodo radicale” ci fa intuire quanto resti valido lo slogan (che era più una dichiarazione d’intenti) “lotte e non posizioni” = dunque mettere l’obiettivo aldilà dei dogmi, delle ideologie, delle comunità e dei soggetti. E proprio su questa differenza di definizione tra l’essere comunità (portata in congresso da Riccardo Magi) e il non esserlo (auspicato da Marco Perduca) si gioca a mio avviso il futuro dei “radicali”. Futuro che potrà esserci solo per chi riuscirà ad andare oltre il senso di appartenenza nei confronti dei soggetti (di cui Mario Staderini ha ricordato la “biodegradabilità” all’ultimo congresso), dei simboli e dei padri fondatori. Non si dovrebbe perdere tempo, specialmente in una fase come questa, nel rivendicare una storia radicale, nell’individuare chi sia il depositario di questa storia (PRNTT o Radicali Italiani?), nel rispolverare rose o pugni o eredità morali e/o politiche (di Marco Pannella o di Emma Bonino?). Proprio dal mettere in discussione Marco Pannella (e non facendolo schierare da morto) ed Emma Bonino (e non rivolgendole un atto di fede come compiuto da alcuni nell’ultimo congresso), e chiunque abbia fatto o faccia parte del movimento, potrebbe passare la sopravvivenza dei radicali con la erre minuscola.

Quindi Radicali Italiani va chiuso? No, va emancipato, da se stesso e dalla propria storia. Va liberato dalle tentazioni comunitaristiche e partitocratiche, da quel desiderio di restare “una minoranza dignitosa”, rifuggendo ogni lusinga che voglia fare della politica un feticcio autoreferenziale. Sono convinto che Silvja Manzi, Antonella Soldo e Barbara Bonvicini siano all’altezza di questo arduo compito… che non credo possa essere ulteriormente rimandato per salvare il nostro modo di fare politica dal mondo esterno e dalla sua stessa storia. Radicali Italiani sopravviverà se saprà condurre lotte con metodo radicale e non sopravviverà se si dedicherà a difendere posizioni.

Il Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartitico? Chissà se si salverà da se stesso… in ogni caso non merita sprecare troppe energie per salvare un soggetto quando le stesse possono essere impiegate nelle lotte.

Pace & Amore Compagni